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Ecco un esempio di una buona CTU medicolegale: si pubblica questo ns recente caso proprio per indicare un buon esempio di percezione e trascrizione dei fatti da parte di un Ctu medicolegale messinese. Insomma non è poi tanto difficile essere adeguati all’incarico ricevuto al contrario di quanto si può leggere nella rubrica IoPolemico. Meditate gente, meditate!

La storia clinica del sig. C. G. era caratterizzata, all’epoca dei fatti, da diabete mellito tipo II e cardiopatia ipertensiva in forte fumatore.

In data 09.03.2008 il paziente che da due giorni lamentava astenia e lieve dolore toracico, veniva ricoverato alle ore 22:15 per la comparsa al mattino di dolore toracico intenso con equivalenti elettrocardiografici di lesione subepicardica inferiore. Il paziente veniva sottoposto a terapia trombolitica con Actilyse (due dosi) secondo il protocollo GUSTO.

Il 10.03.2008 alle ore 17:00 il paziente, in compenso labile, oligoanurico, presentava un arresto respiratorio per cui veniva intubato e sottoposto a ventilazione assistita. Veniva trasferito presso il reparto di Anestesia e Rianimazione in data 10.03.2008 dove rimaneva fino al 28.03.2008 con diagnosi di insufficienza respiratoria in paziente con edema polmonare. Nel corso della degenza compariva un’insufficienza renale acuta su base emodinamica con creatinina mossa (2,8, giunta fino al valore di 4,3, per poi tornare gradualmente a valori normali 1,3 il 23.03.2008). In data 15.03.2008 veniva sottoposto ad Ecocardiogramma che mostrava un miglioramento globale della funzione di pompa del ventricolo sn (FE = 50%).

Durante il ricovero il paziente veniva sottoposto a trattamento di emofiltrazione continua per subentranti episodi di EPA (edema polmonare acuto). In data 25.03.2008 il sig. G. C. veniva estubato con buona ripresa dell’attività respiratoria e pressoché totale risoluzione del quadro radiologico. Era presente un’ipofunzione dell’arto sn per cui veniva effettuata una TAC encefalo che non documentava focolai di ischemia cerebrale. Il paziente sviluppava un episodio di “dissociazione mentale” che correlato alla TAC cerebrale negativa per episodi ischemici veniva interpretato come correlato alla lunga permanenza in Rianimazione. Il paziente veniva ritenuto sufficientemente stabile da potere tornare in Cardiologia.

In data 02.04.2008 veniva sottoposto ad ulteriore Ecocardiogramma che mostrava un ventricolo sn dilatato (DTD del Vsn = 62 mm.), ipertrofico con acinesia del segmento postero-medio della parete inferiore, ipocinesia della parete laterale, funzione sistolica del ventricolo sn solo lievemente depressa (FE = 48-50%), PAPs derivata indiretta = 58 mmHg.

Nella stessa data, per la presenza di comorbidità (???) (BPCO, diabete mellito, anemia, IRC di grado lieve, periartrite scapolo omerale sn.), il sig. G. C. veniva trasferito nel reparto di Medicina. Il giorno 03.04.2008 alle ore 23:00, manifestava un senso di costrizione toracica per cui veniva eseguito ECG e veniva richiesto il dosaggio della Troponina I in urgenza. Alle ore 01:10 del giorno successivo (04.04.2008), dato il riscontro anche al II prelievo della Troponina (ore 00:22) di valori significativi per sofferenza miocardica (Troponina I: 4,42) associati a una sintomatologia di subedema polmonare, il paziente veniva trasferito in UTIC dove veniva iniziata infusione controllata di Eparina e Nitroglicerina e venivano somministrate 2 fl di Lasix.

Dato il quadro clinico veniva richiesto il trasferimento mediante elisoccorso presso altra Struttura (ore 13:00).

Giunto a destinazione il sig. C. G. veniva ricoverato presso l’UTIC dove veniva sottoposto a coronarografia con riscontro di coronaropatia trivasale; in particolare la discendente anteriore presentava una stenosi dell’80% al tratto medio e ulteriore 80% al tratto distale, primo ramo diagonale diffusamente malato con stenosi dell’80% all’origine e del 90% al tratto medio, CX con stenosi occlusiva al tratto medio e stenosi subocclusiva dopo il primo marginale il quale presenta a sua volta stenosi dell’80% all’origine e ulteriore stenosi del 90% al tratto medio, Cdx diffusamente rimaneggiata, occlusa al tratto distale. Contestualmente si procedeva al trattamento della “culprit lesion” e veniva effettuata PCI rescue con posizionamento di 3 stent metallici (BMS) in overlapping su ramo posterolaterale e su tratto distale della coronaria dx. Poco dopo il termine della procedura si aveva la ricomparsa di dolore toracico con importanti segni di danno subendocardico anteriore. Un Ecocardiogramma del 15.04.2008 mostrava l’ipo-acinesia della parete inferiore, del setto posteriore e dell’apice in toto ed FE = 30%.

Il 17.04.2008 il sig. C. G. veniva trasferito nel reparto di Cardioanestesia e in data 22.04.2008 veniva sottoposto a intervento cardiochirurgico di triplice bypass aorto- coronarico. Il giorno 24.04.2008 il paziente presentava oligoanuria per cui veniva sottoposto a trattamento dialitico.

Il decorso era complicato dalla comparsa di versamento pleurico massivo con atelettasie del lobo medio basale sn. Veniva praticata una toracentesi con evacuazione di circa 1780 cc di liquido siero-ematico; tale procedura veniva ripetuta in data 03.05.2008 (1800 cc), in data 05.05.2008, in data 06.05.2008 (390 cc)e in data 19.05.2008 (800 cc).

Il paziente veniva dimesso in data 23.05.2008.

In data 03.09.2008 il sig. C. G. necessitava di un ulteriore ricovero, stavolta presso il reparto di Nefrologia per insufficienza renale cronica.

Un terzo ricovero si verificava in data 05.12.2008 presso il reparto di Neurologia per la comparsa improvvisa di crisi convulsiva da ictus ischemico. In data 09.12.2008 veniva sottoposto a TC cerebrale che mostrava: “Vasta ipodensità di entrambi gli emisferi cerebellari, del verme e dei lobi occipitali come da insulto ischemico, lacuna ischemica epitalamica dx”.

In seguito ad una recidiva di crisi comiziale con arresto respiratorio il sig. C. veniva trasferito presso il reparto di Rianimazione di altro Ospedale, dove giungeva con diagnosi di “stato di coma ed insufficienza respiratoria acuta in paziente con sospetta ischemia cerebrale e pregresso arresto respiratorio durante crisi convulsiva”. Durante il ricovero si rendevano necessarie la tracheotomia percutanea, la ventilazione meccanica e terapia antiedemigena cerebrale. La TC encefalo del 11.01.2009 mostrava la presenza di un’estesa area di tenue e sfumata ipodensità a carico di entrambi gli emisferi cerebellari.

Dal 28.01.2009 il sig. C. G. veniva ricoverato presso la Neuroriabilitazione Intensiva con diagnosi di “tetraplegia e coma vigile in esiti di ictus ischemico, cardiopatia ipertensiva, by-pass aorto-coronarico, diabete mellito insulino dipendente.”

In data 28.01.2009 veniva sottoposto a visita chirurgica; il consulente segnalava in cartella la presenza di escare e lesioni da decubito alla pianta dei piedi bilateralmente. In data 15.04.2009 veniva annotata in cartella una consulenza internistica che rilevava: “Paziente con sepsi delle vie urinarie. Urinocultura positiva per Pseudomonas Aeruginosa. Trattato con Gentamicina (unico farmaco sensibile). Da ieri rilievo di insufficienza renale. Si consiglia sospensione della Gentamicina (già sospesa da ieri sera), idratazione e monitoraggio della funzionalità renale”.

In data 17.04.2009 il sig. G. C. veniva trasferito d’urgenza presso l’U.O. di Anestesia e Rianimazione per insufficienza renale acuta in paziente con pregresso ictus cerebri, tetraplegia, coma vegetativo. In cartella clinica veniva annotata la consulenza nefrologica: “Paziente con insufficienza renale acuta verosimilmente iatrogena (aminoglicosidi ev per 5 giorni). La creatinina in data 19.04.2009 era 4,6 mg/dl. Previo posizionamento di CVC si pone indicazione a trattamento dialitico”. Nonostante il trattamento della patologia in acuto il paziente decedeva alle 15:15 del 20.04.2009.

Si riteneva procedibile il caso del sig. C. G. per i seguenti motivi:

Nella lunga storia clinica del sig. G. C. soprattutto nel ricovero dal 09.03.2008 al 04.04.2008 emergono ritardi inaccettabili in un paziente certamente critico, tanto più inaccettabili perché critico. Il paziente, iperteso, diabetico, fumatore fu ricoverato per infarto miocardico inferiore. il dolore toracico intenso era insorto dal mattino. Già la scelta di effettuare il trombolitico anziché procedere subito a una coronarografia appare criticabile secondo le Linee Guida. Il decorso successivo fu caratterizzato da instabilità emodinamica con insufficienza ventricolare sn, oligoanuria e poi arresto respiratorio. Già questo comportamento si discosta dalle Linee Guida sull’Infarto miocardico acuto della Task force guidata da Francesco Mauri: se l’edema polmonare si sviluppa contemporaneamente al quadro di infarto miocardico o comunque entro le 12 ore dall’inizio dei sintomi e vi é refrattarietà al trattamento medico, é opportuno procedere a cateterismo cardiaco, Coronarografia e rivascolarizzazione. Anche quando é stato possibile conseguire la stabilizzazione clinica la Coronarografia deve essere presa in considerazione data la cattiva prognosi dei pazienti che esordiscono con segni di insufficienza ventricolare sn (mortalità a un anno: 30-40%).

Quello che colpisce nella storia del sig. G. C. in questa fase é lo “iatus”, cioé la discrepanza tra la gravità del quadro clinico e il quadro ecocardiografico che mostrava una frazione di eiezione del ventricolo sn tutto sommato soddisfacente, superiore al 40% (addirittura 48–50% all’ecocardiogramma del 15.03.2008). L’unica spiegazione possibile é che l’insufficienza ventricolare sn non fosse legata ad un ventricolo sn irrimediabilmente compromesso dal punto di vista contrattile, ma bensì fosse, come era in realtà, un equivalente ischemico.

Anche nella lunga permanenza del sig. C. in Rianimazione dal 10.03.2008 al 28.03.2008 c’é da eccepire su un atteggiamento ultraconservativo fino a sfiorare la passività. É vero che il paziente aveva sviluppato un’insufficienza renale da necrosi tubulare (quindi non irreversibile) tuttavia con le dovute cautele, anche programmando “a ponte” delle sedute dialitiche la “culprit lesion” doveva essere trattata. Ma perché ciò avvenisse bisogna aspettare che il sig. C. avesse un reinfarto, naturalmente ancora con edema polmonare e venisse quindi trasferito.

Appare incongruo e del tutto inadeguato alla situazione il trasferimento di un tale paziente presso il reparto di Medicina Interna per il trattamento delle patologie coesistenti (BPCO, diabete mellito, anemia, insufficienza renale cronica lieve, periartrite scapolo omerale sn). Sembra proprio un trasferimento se non in villeggiatura perlomeno in un posteggio!! Ma non di questo certamente il sig. G. C. aveva bisogno!

Se il paziente stava (finalmente!) discretamente, tanto da occuparsi delle patologie collaterali, era certamente meglio andare al cuore del problema ed effettuare la Coronarografia e trattare la “culprit lesion”. In questo senso ci appare che il re-infarto inferiore del sig. C. sia da attribuire ad una colpevole, imprudente e negligente inazione dei vari reparti in cui il paziente fu ricoverato.

Reinfarto significa fatalmente più ampie estese zone di acinesia e ulteriore compromissione della funzione contrattile del ventricolo sn (la FE crolla al 30%). Finalmente viene sottoposto a Coronarografia, con un ritardo di almeno venti giorni, comunque prima del reinfarto non immediatamente fatale, ma inevitabile per come la situazione era stata gestita. La Coronarografia naturalmente mostrò una coronaropatia trivasale che doveva essere sospettata dai multipli fattori di rischio + il diabete che è una malattia associata, ma soprattutto in base all’andamento clinico di instabilità emodinamica, nonostante una frazione di eiezione del ventricolo sinistro sostanzialmente soddisfacente come documentarono plurimi ecocardiogrammi.

C’é inoltre il fondato sospetto che l’ictus ischemico che portò al ricovero presso la Neurologia possa avere avuto un’origine tromboembolica da trombosi murale della parete infero-posteriore o dell’apice (incidenza del 20% nell’IMA inferiore che aumenta, quando col rimodellamento del cuore é presente una cardiomiopatia dilatativa con acinesia dell’apice, come in questo caso, fino al 60%). Per una probabile origine tromboembolica depone proprio il referto TAC che parla di una “vasta ipodensità che interessa i lobi cerebellari, il verme e i lobi occipitali.”

In questo senso si ritiene che l’ictus tromboembolico sia stato in modo significativo concausato dall’estensione della aree di ipoacinesia legate al reinfarto con trombosi murale.

Quando il sig. G. C. fu ricoverato presso la Neuroriabilitazione non si é fatto ricorso in alcun modo all’utilizzazione, in un paziente critico sotto il profilo della funzionalità renale e affetto da infezione da Pseudomonas aeruginosa, ad un monitoraggio ematico della Gentamicina come il dosaggio Cedia (o simile) che é uno strumento diagnostico in vitro previsto per la determinazione quantitativa della Gentamicina nel siero o nel plasma umani. L’effetto tossico della Gentamicina é prodotto dall’ interferenza con la sintesi delle proteine del ribosoma. La Gentamicina subisce una metabolizzazione molto limitata o quasi nulla; viene quindi eliminata come composto progenitore attraverso filtrazione glomerulare. L’intervallo terapeutico va misurato sia sulle concentrazioni di picco che di valle. Le concentrazioni di picco devono essere ottenute al fine di accertarsi che sia in atto una adeguata attività antimicrobica. Le concentrazioni di valle della Gentamicina garantiscono generalmente l’adeguata eliminazione del farmaco e che la concentrazione di farmaco sia superiore alla concentrazione inibitoria minima. La criticità nell’uso della Gentamicina é legata al fatto che la sua concentrazione nel siero e nel plasma varia a seconda del metodo di somministrazione, del volume di fluido extracellulare, della durata del trattamento e delle mutazioni fisiologiche che intervengono nel corso della malattia e della terapia. Il monitoraggio dei livelli di picco e di valle nel siero e nel plasma assume quindi un’importanza fondamentale ai fini della prevenzione di gravi complicanze, grazie alla regolazione della dose come sopra indicato. Esistono ovviamente altre metodiche (PETINIA: Particle Enhanced Turbidimetric Inhibition Immunoassay).

Quello che non bisogna dimenticare é il fatto che la Gentamicina viene eliminata esclusivamente per via renale, immodificata! Si rileva quindi un atteggiamento di imprudenza e negligenza in un paziente fragile con multiple comorbilità e con insufficienza renale da parte dei sanitari della Neuroriabilitazione Intensiva.

Il fatto che lo Pseudomonas aeruginosa riscontrato all’urinocultura fosse sensibile solo alla gentamicina non giustifica evidentemente una somministrazione “a occhio”, inevitabilmente e fatalmente approssimativa di un farmaco così delicato per il relativo scarso margine tra la dose terapeutica e quella tossica.

Dopo aver aperto il sinistro e non aver ricevuto una valutazione positiva dall’ufficio medicolegale dei convenuti, si procedeva con ricorso 696bis (consulenza tecnica preventiva ai fini conciliativi) presso il tribunale di Messina e veniva nominato un consulente tecnico specialista in medicina legale.

A seguito di regolare contraddittorio tra tutte le parti in causa, il CTU, dopo aver tentato una conciliazione (non riuscita) inviava alle parti una prima stesura della relazione che di seguito si riporta.

VALUTAZIONE MEDICO-LEGALE del C.T.U.

Il caso in esame, alla luce dei dati suindicati impone un argomentazione diversificata per specifiche problematiche cliniche specialistiche rilevate dall’esame carteggio allegato in atti.

In ordine al primum movens etiologico connesso all’infarto del miocardio rilevato in data 09.03.2008, va osservato che il trattamento di trombolisi, praticato in urgenza, stante la prova ECG dell’avvenuto infarto miocardico e la mancanza di un centro di emodinamica all’interno dell’Ospedale, fu scelta terapeutica condivisibile, attesa l’emergenza clinica registrata ed i non prevedibili tempi di trasferimento e disponibilità di posto letto in altro nosocomio attrezzato.

La risposta al trattamento fu positiva considerata la regressione della sintomatologia ed il miglioramento del tracciato ECG, evidenziato all’indomani.

In tale fase clinica, secondo linee guida, doveva essere effettuata la coronarografia entro le 24 ore dalla praticata terapia, al fine di valutare la reale vascolarizzazione ottenuta e nel contempo porre in essere uno studio particolareggiato delle coronarie, anche per programmare un eventuale intervento di PCI o di by-pass.

È dato documentale che detta verifica non fu eseguita in quanto il paziente presentò improvvisa insufficienza respiratoria da edema polmonare, che richiese specifico trattamento rianimatorio. In tale contesto, oggettivamente, non era possibile effettuare l’indagine strumentale di specie ed è pertanto giustificata la scelta di non trasferire il paziente in altro Ospedale.

Dal carteggio in esame risulta che le condizioni cliniche del sig. C. G. migliorarono decisamente al punto che il 28.03.2008 veniva riammesso in reparto di Cardiologia. In questa fase, mal si comprende il perché i sanitari non disposero l’indagine coronarografica, considerato che sino a quel momento, per le subentrate complicanze, non era stato ancora possibile conoscere l’effettiva compromissione delle coronarie.  A tale ritardo diagnostico va addebitato il reinfarto registrato in data 03.04.2008; qualora l’indagine di specie fosse stata effettuata in data antecedente, stante il registrato miglioramento delle condizioni cliniche, sarebbe emerso il dato conoscitivo di una grave coronaropatia trivasale che, come tale avrebbe richiesto un immediato trattamento chirurgico, con conseguente rivascolarizzazione del circolo delle coronarie.

In merito alla scelta interventistica di praticare l’angioplastica con stent, va osservato che per l’estensione della patologia riscontrata, sarebbe stato preferibile optare subito per intervento di by-pass aorto-coronarico, che meglio avrebbe garantito la perfusione cardiaca. Il by-pass fu poi effettivamente eseguito il 22.04.2008 e gravato da complicanze (versamento pleurico ed insufficienza renale severa).

Praticate le cure di specie (toracentesi-dialisi) vi fu un graduale miglioramento che consentì al sig. C. G. di essere dimesso in data 23.05.2008.

A tale data fecero seguito periodici controlli, alcuni in regime di ricovero, sino al 05.12.2008, epoca in cui fu registrata improvvisa crisi convulsiva seguita da coma e successiva tetraplegia. L’indagine TC dell’encefalo rilevava: “vasta ipodensità di entrambi gli emisferi cerebrali del verme e dei lobi occipitali, lacuna ischemica epitalamica dx, come da insulto ischemico”.

È noto che la criticità di detta grave condizione patologica non risentì delle terapie effettuate, costituendo la successiva causa del decesso del C. avvenuto il 20.04.2009.

Quindi, l’ictus cerebri fu il fattore etiologico responsabile dell’evento morte ponendosi, in tal senso, come causalità diretta ed esclusiva.

Detto ciò va osservato che l’evento ischemico di specie, per l’ampio interessamento delle strutture cerebrali e per la repentinità della registrata sintomatologia, fu espressione dell’ostruzione di un ramo vascolare primario, verosimilmente la carotide interna, considerato che eventuali gittate microemboliche avrebbero dato luogo a sintomatologia specifica antecedente alla data del 05.12.2008.

Per tale motivo si è propensi a ritenere che l’evento ictale fu espressione di un unico fattore trombo-embolico la cui genesi potrebbe essere stata determinata o dalla formazione di un trombo endocavitario cardiaco, conseguente al deficit di pompa esitato ai due pregressi infarti, ovvero ad un trombo autoctono derivato da placche carotidee, in paziente, peraltro, con rischio specifico per accidenti di natura vascolare.

Le due possibili etiologie evocate, purtroppo, non possono essere meglio discinte nella loro genesi ed efficienza patogenetica a fronte delle non esaustive indagini praticate in ambito ospedaliero.

Manca in tal senso uno studio Ecocolordoppler dei vasi sovraortici e studi TC ed RM dell’encefalo successivi al 05.12.2008.

E’ ovvio, che le due ipotesi avanzate comportano diversi riflessi valutativi medico-legali, considerato che la dimostrazione di una trombosi endocavitaria cardiaca integrerebbe il presupposto di correlazione causale con l’infarto del miocardio e con l’incidenza svolta dal ritardo nel programmare la coronarografia nel determinismo del

secondo episodio infartuale; al contrario la trombosi a genesi carotidea assumerebbe un ruolo patologico del tutto indipendente dall’operato professionale dei cardiologici che ebbero in cura il C., escludendo, quindi, in tal senso il fumus di una condotta professionale di natura colposa.

Per i motivi espressi, quindi, si rassegnano le due ipotesi etiologiche affidando alle parti in causa l’eventuale onere di esibire ulteriori elementi di valutazione clinica-specialistica e strumentale, atti a dirimere le problematiche medico legali rilevate.

OSSIA, il consulente del Giudice ha fatto quello che un cultore medicolegale doveva fare, ha svolto una eccellente ricostruzione dei fatti in senso di causalità materiale e giuridica, ma ha lasciato alle parti (i giuristi) la decisione di conciliare visto che con tali conclusioni sia il giudice che gli avvocati delle parti sanno bene a che conclusioni conducono.

VALUTAZIONE CRITICA DELLA CTU

  • Ottima ricostruzione causale dei fatti (criticabile a ns avviso solo in un punto, ossia nel giudicare la non trasferibilità del paziente in centro con emodinamica);
  • Ottimo riferimento etiologico delle cause dell’evento ictale;
  • Ottima riflessione sulle omissioni dei sanitari.

 

RISULTATO FINALE: VEROSIMILE CERTEZZA DEL RISARCIMENTO

Malgrado tale riscontro tecnico gli attori ad oggi non hanno ricevuto offerta scritta di risarcimento da parte dei convenuti e ciò comporterà la prosecuzione del giudizio di merito.

                                                                                        Dr. Carmelo Galipò

                                                                                        Dr. Umberto Piccone

 
 

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