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Mi pregio di commentare un un’ottima relazione medico legale del collega Piccone (facente parte del comitato scientifico dell’Accademia della Medicina Legale) che per certi aspetti fa luce su di un concetto importante in medicina legale: la differenza tra errore e complicanza. 

Tale concetto genera lamentele da parte di attori e convenuti: gli uni lamentano un peggioramento non atteso, gli altri si scusano aggrappandosi al concetto della complicanza prevedibile. Il sottoscritto già nel 2005 parlava della differenza tra complicanza e errore arrabbiandosi molto quando in corso di CTU sentiva i convenuti parlare di evento avverso riconosciuto dalla legge statistica e quindi scusabile.

Un concetto distorto che va contro ogni logica e che riesce a far additare alle leggi statistiche la loro parziale inutilità. Torniamo alla gradevole e istruttiva relazione del collega Piccone. Essa può, per certi aspetti, essere considerata una linea guida medico legale per la “valutazione” delle complicanze e i loro risvolti giuridici. Nei vari anni ho sempre valutato negativamente tutte quelle relazioni medico legali che da una becera ricerca online delle possibili complicanze di un intervento chirurgico concludevano sulla scusabilità degli eventi avversi per il sol motivo della loro prevedibilità.

Ho sempre sostenuto che la prevedibilità di un evento avverso aggrava la posizione dei medici in quanto dovranno dimostrare che hanno fatto di tutto per evitarlo sia con atti commissivi che omissivi. Come si fa? E come dovrebbe muoversi un collega CTU o CTP per addivenire ad una conclusione di colpevolezza o innocenza (permettetemi i termini)? Beh, il bravo Piccone nella sua consulenza di parte ne dà un chiaro esempio.

Il collega partendo dal foglio di consenso informato esposto in cartella clinica dove viene riportata la complicanza accaduta, comincia ad elencare le possibili cause dell’evento avverso (dopo aver escluso eventuali cause preesistenti) e una dopo l’altra le “immerge” nel caso per cui è causa, ossia verifica l’esistenza delle cause/concause nei fatti descritti in cartella, e dopo averle esaminate e commentate afferma che solo una di esse può essere la causa dell’evento avverso: “con criterio di grande probabilità riteniamo che la causa vada identificata in uno stiramento meccanico, vale a dire in una distorsione dell’ostio coronarico sinistro che si verifica in una percentuale variabile tra l’1 e il 7% delle casistiche…”.

Quindi tale conclusione verifica contemporaneamente più condizioni causali:

  • Nesso tra complicanza e atto chirurgico
  • Evitabilità dell’evento
  • Compatibilità tra gesto manuale chirurgico e conseguenza

Insomma una ricostruzione dei fatti che il giudice ha fatto propria in quanto esente da vizi logici e giuridici. Mi permetto di precisare e correggere la definizione di imprudenza data dal collega Piccone e ciò è legata alla genesi della complicanza: essa dipende da un gesto chirurgico improprio e quindi considerabile “imperito” e non imprudente o negligente. Bene, si può affermare che in un sol “colpo” si discute di tutta la genesi di un errore medico e dei suoi riflessi giuridici.

Nel proseguo impareremo a ragionare su altri passaggi cruciali nel giudizio della “colpa medica” e della sua rilevanza giuridica e, dunque, sulla necessità della massima competenza e onestà intellettuale e morale del consulente del Giudice e della parte attrice. Un grazie al dr. Piccone Umberto per averci dato l’occasione di entrare nel merito di un delicato aspetto del contenzioso medico legale tra medico e paziente.

Dr. Carmelo Galipò

Scarica il pdf con la relazione medico legale

Tecnica Tyrone David – Complicanza o colpa

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