Il Tribunale di Salerno ha riconosciuto la sussistenza del nesso causale tra l’emotrasfusione subita dalla paziente nel 1981 e l’epatite cronica attiva HCV+ scoperta nel 2009
Nel 1981 era stata ricoverata nel reparto ostetrico-ginecologico di un ospedale della provincia di Salerno per uno stato anemico ed era stata sottoposta a una trasfusione di sangue. Negli anni successivi, la donna aveva cominciato a lamentare diversi disturbi, tra i quali l’insorgenza del diabete. Solamente nel 2009, tuttavia, in seguito a una serie di accertamenti dovuti all’acutizzarsi di quei malesseri, aveva scoperto di essere affetta da una “epatite cronica attiva HCV+”. A inizio 2010, poi, le era stata diagnosticata – come ricostruisce il Mattino – una “cirrosi epatica HCV correlata” e i controlli ematochimici e strumentali svolti negli anni successivi con cadenza semestrale avevano confermato il progredire della malattia e di tutte le altre patologie correlate.
Da lì la decisione di agire in giudizio nei confronti di Asl di Salerno, Ministero della Salute e Regione Campania al fine di vedersi riconoscere il risarcimento del “danno ingiusto subito”.
Il procedimento è iniziato nel 2014. A distanza di oltre sei anni, il Tribunale di Salerno, alla luce di una serie di perizie che hanno dimostrato il nesso di causalità tra l’epatite e quell’unica trasfusione somministrata alla paziente quarant’anni fa, ha condannato l’Azienda sanitaria del capoluogo di provincia campano a liquidare alla parte lesa un risarcimento che ammonterebbe – secondo quanto riferisce il Mattino – a diverse centinaia di migliaia di euro.
Se sei stato/a vittima di un errore medico e vuoi ottenere, in breve tempo, il risarcimento dei danni fisici subiti o dei danni da morte di un familiare, clicca qui
Leggi anche:
Emorragia cerebrale dopo il ricovero in ospedale, aperta inchiesta a Udine
Complicanze dopo una isterectomia, quattro medici condannati per lesioni
Morta dopo un intervento alla colonna vertebrale, due medici a giudizio