Confermata, in appello, la responsabilità sanitaria per la perforazione intestinale subita da un paziente durante una colonscopia
La Corte di appello di Lucca ha confermato la sentenza di primo grado con la quale il Tribunale del capoluogo di provincia toscano aveva condannato la locale Asl a versare una cifra pari a circa 81 mila euro a un paziente che aveva subito una perforazione intestinale durante una colonscopia.
Il fatto risale a tre anni fà. L’uomo – come riporta Luccaindiretta – dopo l’intervento era stato costretto a usare il cosiddetto sacchetto esterno a causa della temporanea sospensione del transito intestinale. Secondo i periti avrebbe riportato un anno biologico del 20%.
L’Azienda sanitaria aveva chiesto l’annullamento della decisione di prime cure o, in subordine, una diversa quantificazione del danno, sostenendo che la tesi della “mera complicanza intrinseca alla procedura di colonscopia, dipendente da altri fattori causali o concausali preesistenti, vale a dire aderenze viscerali e diverticolosi”.
In particolare l’appellante contestava le considerazioni della consulenza effettuata in primo grado, accolte dal Tribunale, in quanto fondate su presupposti sbagliati. I periti avrebbero asserito con certezza, e disattendendo le evidenze della cartella clinica, che non vi era malattia diverticolare, sostenendo invece che la perforazione fosse da ricondurre all’errore umano e, più specificamente, a una “qualche manovra incongrua dell’operatore”.
La Corte territoriale, tuttavia, ha confermato la sussistenza della colpa medica, osservando, peraltro, che, anche la eventuale presenza “di una malattia come dedotta dall’azienda non avrebbe scriminato la condotta dei sanitari, tenuti comunque a conformarsi ad una condotta diligente nell’esecuzione della prestazione”, tanto più se consapevoli dell’esistenza di diverticoli.
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