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Condannata in sede civile l’Asur Marche per il decesso di un 50enne, morto in ospedale nel 2005. Per il Ctu “errori inescusabili”

Uomo morto in ospedale nel 2005: a 16 anni dai fatti, la sentenza civile di condanna per l’Asur Marche. A riportare la storia è il Corriere Adriatico. Il 50enne morì il 31 dicembre del 2005 in un corridoio dell’ospedale di Urbino. Le cause, secondo la sentenza, sono riconducibili alla “mancata formulazione diagnostica ed esecuzione del corretto iter terapeutico della dissecazione dell’aneurisma dell’aorta ascendente”. Da quanto affermato dalla moglie della vittima, gli dissero: “È solo influenza, non ha nulla di meglio che venire qui?”. Il lungo iter processuale è giunto lo scorso primo giugno: il procedimento civile si è concluso con il pieno accertamento della responsabilità medica dei sanitari. Questo, secondo il Ctu, alla luce di “errori inescusabili a partire dalla frettolosa dimissione e dai successivi mancati approfondimenti diagnostici”. Il consulente tecnico sottolinea una diversa condotta gli “avrebbe evitato il decesso con concreta e prevalente probabilità”. Drammatica la ricostruzione delle ultime ore di vita dell’uomo. Erano le 9.30 del 30 dicembre 2005. Dolore al petto e al braccio sinistro, viso sudato. Il medico di famiglia, arrivò per primo sul posto rilevando i sintomi di un malore cardiocircolatorio e somministrando dei medicinali mirati. Lo stesso medico, all’arrivo dell’ambulanza non medicalizzata, accompagnò l’uomo fino all’ospedale di Urbino. Erano le 11.43. Dopo gli esami specifici, alle 16.51 il paziente fu dimesso con terapia medica e diagnosi di “precordialgia aspecifica”. Tornato a casa, però, ancora il dolore. In nottata fu riaccompagnato in ospedale. Secondo quanto emerso al processo, dopo aver ricevuto l’esito del prelievo ematico per il dosaggio degli enzimi cardiaci, i sanitari presenti hanno “inspiegabilmente” arrestato fino al mattino l’iter diagnostico. La situazione è così precipitata fino all’epilogo delle 9.30. Il paziente fu sottoposto a un esame Rx al torace e ripetè emogasanalisi e emocromocitometrico. Ma poco dopo spirò, in seguito a una insufficienza cardiorespiratoria per “tamponamento cardiaco”. Alle 8.45 era avvenuta la dissezione aortica non diagnosticata. Tra il primo accesso al pronto soccorso e la morte passarono 21 ore di cui, secondo la sentenza, “16 trascorse inutilmente senza che fossero prescritti i dovuti approfondimenti diagnostici”.

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