I professionisti sono accusati di omicidio colposo per cure inadeguate prestate a un paziente deceduto in seguito a una massiccia dose di farmaci iniettati da un parente, anch’egli a processo
Il Gup del Tribunale di Milano ha rinviato a giudizio cinque medici di un ospedale della provincia in relazione al decesso di un paziente di 87 anni, morto nell’ottobre del 2020. Come riporta il Giorno, i professionisti – un primario, tre componenti della sua equipe e un anestesista – dovranno rispondere di omicidio colposo per cure inadeguate. A processo anche il marito della nipote della vittima, accusato di omicidio volontario aggravato.
L’anziano era ricoverato nel reparto di pneumologia per una grave forma di polmonite; era sottoposto a ventilazione polmonare meccanica e in trattamento con terapia sedativa mediante l’utilizzo di un macchinario elettromedicale a pompa ad infusione volumetrica. Il decesso era sopraggiunto dopo che il parente – infermiere professionale e operatore di rianimazione in un’altra struttura, con il permesso di andare a trovare la vittima – gli avrebbe somministrato una dose elevata di morfina e farmaci antidepressivi, per motivi ancora da chiarire.
La consulenza medico legale disposta dalla Procura, tuttavia, avrebbe fatto emergere anche presunte responsabilità a carico dei cinque camici bianchi indagati, in relazione alle cure a cui venne sottoposto il paziente durante la permanenza in ospedale. Secondo i periti – riferisce ancora il Giorno – ci sarebbe stata anche una possibilità di intervenire con antidoti per salvare l’uomo, dopo le dosi iniettate dall’infermiere.
A denunciare l’anomalia in corsia era stato un altro medico, che aveva riferito come l’87enne, nei giorni precedenti al decesso avesse ricevuto una dose particolarmente elevata di farmaci, ottenuta con la manomissione del macchinario di infusione. Il sequestro della documentazione clinica e le indagini avevano chiarito in pochi giorni l’accaduto, conducendo al fermo del parente.
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