Il camice bianco è accusato del decesso di un 77enne morto dopo una angioplastica nel 2018 a Reggio Emilia
La pubblica accusa ha chiesto la condanna a otto mesi per una cardiologa finita a giudizio con l’accusa di omicidio colposo in relazione al decesso di un paziente di 77 anni, morto dopo una angioplastica eseguita nell’ottobre del 2018 presso l’ospedale di Reggio Emilia.
L’uomo – come ricostruisce il Resto del Carlino – si era presentato in Pronto soccorso accusando un persistente dolore al petto ed era stato sottoposto a un intervento nel corso del quale, tuttavia, avrebbe subito la lacerazione della coronaria. Una complicanza che – secondo la Procura e il consulente di parte nominato dalla famiglia della vittima – non sarebbe stata gestita adeguatamente nella fase successiva, ovvero quella del drenaggio del sangue.
Il paziente era stato trasferito nel reparto di cardiologia di un’altra struttura sanitaria del capoluogo di provincia emiliano dove, tuttavia, il giorno successivo era sopraggiunto il decesso, in seguito a una nuova operazione eseguita per tentare di rimediare alla perforazione dell’arteria.
I parenti avevano presentato un esposto, con conseguente apertura di un’inchiesta da parte della magistratura, sfociata nel rinvio a giudizio della cardiologa. Archiviata, invece la posizione di altri due camici bianchi – i chirurghi che effettuarono l’intervento ‘riparatore’ – inizialmente finiti nel registro degli indagati.
Secondo la difesa – riferisce il Resto del Carlino – l’imputata avrebbe fatto tutto il possibile per salvare il paziente; inoltre, alcuni degli addebiti mossi alla dottoressa, ad esempio l’aver agito da sola, senza confrontarsi con altre figure sanitarie, e l’aver fatto sottoscrivere al paziente un consenso informato “lacunoso” – non configurerebbero una responsabilità penale.
Spetterà ora al Giudice valutare se la professionista abbia agito con imperizia o se le complicazioni insorte durante l’angioplastica fossero imprevedibili e tali da escludere la colpa medica.
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