Nel 2019 un bimbo di due anni morì a Rimini per una polmonite bilaterale non diagnosticata; secondo il consulente della Procura, tuttavia, non sussisterebbero responsabilità in capo ai sanitari indagati
Sono state depositate le conclusioni del consulente incaricato dalla Procura di Rimini di effettuare la perizia sul decesso di un bimbo di due anni, morto per una polmonite bilaterale non diagnosticata nell’autunno del 2019.
Il piccolo era stato portato in Pronto soccorso la mattina del 30 ottobre, ma era stato dimesso con una prognosi rassicurante. La sera stessa era tornato in ospedale, ma a quel punto le sue condizioni erano irrimediabilmente compromesse.
La tragedia aveva portato all’apertura di un fascicolo e all’iscrizione nel registro degli indagati, con l’ipotesi di reato di omicidio colposo, di quattro medici e di un infermiere del nosocomio del capoluogo di provincia romagnolo.
Il medico legale designato per lo svolgimento degli accertamenti post mortem ha appurato che il decesso è stato causato da una “polmonite diffusa bilaterale multiorgano terminale in un soggetto affetto da miocardiopatia ipertrofica e alterazioni vascolari” congenite.
Secondo l’esperto, tuttavia, per la tragica scomparsa del bimbo non si possono ravvisare profili di responsabilità medica.
Come riporta il Corriere Romagna, i sanitari coinvolti nell’inchiesta, infatti, sulla base delle indicazioni ricevute e dal quadro clinico al primo accesso non avrebbero avuto motivo di disporre la radiografia al torace che avrebbe potuto rilevare il problema. Il quadro clinico del paziente non avrebbe consentito di ipotizzare una patologia così grave a carico del sistema respiratorio: non aveva febbre, dispnea, tosse e l’ossigenazione era normale. Sulla base dell’esposizione dei sintomi da parte dei genitori e delle evidenze cliniche non sarebbe stato neanche indicato un esame radiologico.
Nell’assistenza sanitaria fornita al piccolo, quindi, a detta del consulente non sarebbero “ravvisabili carenze assistenziali integranti profili di malpractice professionale con rilevanza causale sul determinismo della morte”. Una tesi che – riferisce il Corriere Romagna – non convince del tutto la famiglia. Spetterà ora al Pubblico ministero titolare del fascicolo decidere se procedere o meno con la richiesta di archiviazione.
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