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Morì per un errore medico: in primo grado il giudice aveva difeso la parte dei sanitari, ora l’Asl di Pescara dovrà pagare 600mila euro ai parenti della donna morta nel 2012.

Nel corso di una vicenda legale che si è protratta per anni, la Asl di Pescara è stata condannata a pagare un risarcimento di oltre 600mila euro ai familiari di una donna deceduta nel 2012 a causa di un grave errore commesso durante un intervento chirurgico.

La vittima, una donna di 79 anni, era stata ricoverata in ospedale ad aprile del 2012 per una serie di patologie e sottoposta a una procedura termoablativa del Nodo atrio-ventricolare (Nav) e alla rimozione dell’introduttore venoso femorale destro. Purtroppo, durante l’intervento, un errore nei dettagli relativi agli inserimenti del catetere aveva causato una lesione iatrogena sull’arteria femorale della paziente. Questa lesione, come riconosciuto in seguito, aveva contribuito alla sua morte avvenuta circa un mese dopo il ricovero.

I familiari della vittima, avevano avviato un’azione legale contro l’azienda sanitaria. Inizialmente, in primo grado, il giudice aveva dato ragione alla Asl, respingendo la richiesta di risarcimento. Tuttavia, presentando appello è stata eseguita una nuova Consulenza tecnica d’ufficio, che ha dato pienamente ragione alle istanze avanzate dai familiari.

La Corte d’Appello di L’Aquila ha ribaltato la sentenza di primo grado, ordinando alla Asl di Pescara di versare un risarcimento di oltre 600mila euro ai familiari della vittima. Questa decisione è stata motivata da nuove prove presentate durante la consulenza tecnica d’ufficio, che ha confermato la rilevanza della condotta dei sanitari nell’aggravamento della condizione della paziente e nel suo successivo decesso.

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