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Raggiunto un accordo transattivo tra l’Azienda sanitaria e la famiglia della signora, morta per un’infezione contratta in ambiente ospedaliero nel 2016

Morì per una infezione contratta in ambiente ospedaliero durante un intervento chirurgico. Secondo quanto riportato dal Gazzettino la signora, 80 anni, stava bene, viveva da sola ed era autosufficiente. Poi la rottura del femore, dovuta a una caduta in casa, e il ricovero a Pordenone per essere operata. Due giorni dopo le dimissioni, però, era sopraggiunto il decesso.

Il fatto risale all’autunno del 2016. Gli esami effettuati all’epoca dell’accesso nel nosocomio per la riduzione della frattura avrebbero confermato che la paziente godeva di buona salute. Una volta operata la donna era stata riportata a casa a bordo di un’ambulanza ma a distanza di due giorni aveva cominciato ad accusare difficoltà respiratorie e, nel giro di poche ore, le sue condizioni erano rapidamente peggiorate; secondo quanto riferito dal legale della famiglia non rispondeva agli stimoli e teneva gli occhi chiusi.

I figli dell’anziana si erano quindi rivolti al 118 e la signora era finita nuovamente in ospedale, dove era stata ricoverata nel reparto di Rianimazione; i medici temevano una emorragia e, nel volgere di poche ore, avevano deciso di intubarla. La mattina successiva, il quadro clinico si era ulteriormente aggravato sino al sopraggiungere del decesso.

I familiari, in seguito alla tragica scomparsa della loro cara, avevano avviato un contenzioso con l’Azienda sanitaria la quale, tuttavia, nonostante una perizia di parte avesse stabilito la sussistenza di un nesso causale tra l’intervento chirurgico e l’infezione da Staphylococcus Aureus contratta in ospedale, non aveva proposto alcun risarcimento. Solamente dopo il ricorso – riferisce ancora il Gazzettino – si è raggiunto, a distanza di cinque anni dalla scomparsa, un accordo risarcitorio sulla base di una cifra pari a circa 500 mila euro.

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