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La Asl dovrà versare 665 mila euro a moglie e figlie di un uomo morto a distanza di 9 anni da una crisi cardiaca per complicanze ischemiche e aritmiche prevenibili

Il Tribunale di Livorno ha condannato in primo grado l’Asl Toscana Ovest a risarcire gli eredi di un uomo morto nel 2020, a distanza di 9 anni da una crisi cardiaca cui avrebbero fatto seguito una serie di complicanze ischemiche e aritmiche. La cifra è pari a circa 665 mila euro.

In base a quanto riferito da Luccaindiretta il 67enne era stato stato colto da un malore nell’agosto del 2011, mentre si trovava con la famiglia nel capoluogo di provincia toscano. Ricoverato in Pronto soccorso sarebbe poi stato dimesso, a distanza di due settimane, verso il reparto di riabilitazione di un altro nosocomio della Lucchesia senza che i medici si rendessero conto – a detta dei Giudici – dell’evento cardio ischemico in corso. Una volta tornato a casa sarebbe stato colpito da ischemie che gli avrebbero precluso lo svolgimento di una vita normale, fino al sopraggiungere del decesso.

Dal processo sono emersi “profili di responsabilità dei sanitari del Pronto Soccorso”, sia per quanto riguarda la completezza degli accertamenti diagnostici (valutati tuttavia non in connessione causale con l’evento lesivo), sia con riferimento alla prescrizione farmacologica, “nel caso di specie del tutto omessa”.

“L’invio del paziente al curante nell’attesa di nuovi accertamenti clinico-strumentali (programmati peraltro a distanza di un mese) – si legge in un passaggio della sentenza riportato da Luccaindiretta – doveva mandatoriamente associarsi alla prescrizione di una terapia farmacologica volta a prevenire futuri eventi ischemici, basata sulla somministrazione di calcio-antagonisti e nitroderivati”. Tali farmaci sono quelli “più comunemente usata nei pazienti che presentino angina su base vasospastica, poiché consentono di prevenire gli eventi legati allo spasmo coronarico, principalmente attraverso un’azione miorilassante sui leiomiociti delle pareti vasali”. Si sono altresì dimostrati “in grado di ridurre il numero di complicanze ischemiche e aritmiche, dimostrando anche una miglior sopravvivenza nei pazienti trattati quando confrontati con altri farmaci”.

L’omessa prescrizione terapeutica avrebbe invece privato la vittima di qualunque presidio farmacologico protettivo verso un eventuale ulteriore evento ischemico “che diversamente – sottolinea il Tribunale – secondo una valutazione controfattuale fondata sulle attuali conoscenze scientifiche e sulla consolidata esperienze clinica, con buona probabilità si sarebbe potuto evitare mediante la adeguata profilassi farmacologica”.

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