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Secondo la sentenza civile l’azienda sanitaria ed un medico devono pagare 560mila euro ai familiari di una donna morta poco dopo le dimissioni nel 2010

Un risarcimento da 560mila euro da pagare ai familiari di una donna morta poco dopo le dimissioni nel 2010. A 11 anni dai fatti, il Tribunale civile di Cosenza ha condannato l’Asp cosentina e un medico in servizio a pagare i danni alla famiglia di una 48enne, deceduta nel reparto di Rianimazione dell’ospedale civile dell’Annunziata. A riportare la notizia è il Quotidiano del Sud. Secondo la ricostruzione processuale, la donna arrivò in Pronto soccorso alle 13 di un giorno di aprile 2010, accompagnata da un’amica e lamentando un intenso dolore cranico. Venne subito dimessa dopo un controllo dell’otorinolaringoiatra. La diagnosi fu di sinusopatia, formulata dal medico. Alla 48enne fu prescritta una terapia farmacologica domiciliare. A distanza di qualche ora, però, il malessere della donna divenne insopportabile e così, alle 23 circa dello stesso giorno, fu trasportata col 118 nuovamente in Pronto soccorso. I sintomi diventarono sempre peggiori, ma le ore passavano e alla tac, richiesta intorno a mezzanotte e trenta, fu sottoposta solo alle 4.
A quel punto il quadro clinico si mostrò nella sua drammatica evidenza. Alle 5.30 la corsa verso la Rianimazione, dove la paziente spirò. Cominciò così il lungo calvario giudiziario dei familiari, che avviarono l’azione legale. Le consulenze tecniche hanno parlato di gravi omissioni del medico del Pronto soccorso che, con particolare riferimento al primo accesso, non avrebbe condotto una indagine anamnestica adeguata né disposto gli accertamenti necessari a scongiurare il drammatico epilogo della vicenda. Il 12 agosto scorso il Tribunale di Cosenza in composizione monocratica ha quindi emesso la sentenza, condannando l’Azienda ed il medico risarcimento nei confronti dei parenti della vittima e al rimborso delle spese processuali. Si tratta di una vicenda complessa che è stata ricostruita attraverso gli atti del procedimento.  Il giudice, a molti anni di distanza dalla tragedia, ha ora accertato la responsabilità medica nella morte della donna.

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