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I camici bianchi rischiano di finire a processo per il decesso di una 44enne morta nel gennaio del 2020 per una malaria non diagnosticata al rientro da un viaggio in Africa

Tre medici rischiano di finire a processo per il decesso di una donna di 44 anni, insegnante e giornalista, morta per una malaria non diagnosticata nel gennaio del 2020, di rientro da un viaggio in Nigeria.

I magistrati inquirenti di Agrigento, nello specifico, hanno avanzato richiesta di rinvio a giudizio, con l’ipotesi di reato di omicidio colposo, per un medico del pronto soccorso dell’ospedale del capoluogo di provincia siciliano, per il medico di base della donna e per un camice bianco della Guardia medica. Chiesta invece l’archiviazione per altri quattro operatori sanitari finiti nel registro degli indagati, nei confronti dei quali, la Procura non ritiene sussistano profili di responsabilità.

Al primo, in particolare – riferisce Grandangolo Agrigento – viene contestato di non avere sottoposto la paziente ad un’accurata anamnesi e, soprattutto, di non avere eseguito un test rapido per la malaria. Al curante, invece, viene addebitato di aver prescritto alla sua assistita una terapia per l’influenza, pur essendo consapevole del viaggio in Nigeria. La guardia medica, infine, avrebbe omesso di effettuare “ogni ulteriore approfondimento nonché omesso di indirizzare la paziente verso un’adeguata struttura di emergenza nonostante le condizioni critiche”.

L’udienza preliminare davanti al Gup è prevista per l’11 maggio.

L’inchiesta era partita dalla denuncia dei familiari della donna, i quali si erano rivolti alla magistratura sospettando una sottovalutazione del caso della loro congiunta da parte degli operatori sanitari che l’avevano seguita nelle ultime ore di vita.

In base alla versione fornita dalla struttura sanitaria la donna si era recata in ospedale la mattina del 15 gennaio ed era stata registrata in triage alle ore 11:41, in codice verde, per ‘riferito stato influenzale’. Visitata alle 15.35, era stata sottoposta a esami di laboratorio di routine e radiografia del torace che non avrebbero evidenziato sostanziali anomalie, fatto salvo un lieve rialzo di un indice ematico aspecifico di flogosi. Dopodiché la 44enne avrebbe sottoscritto, sul foglio di dimissione, la decisione di rifiutare di proseguire l’approfondimento dell’iter diagnostico. Il 20 gennaio, poi, si era registrato il nuovo accesso in ospedale, questa volta a bordo di un’ambulanza.

La giornalista, in stato di coma, era stata ricoverata in Terapia Intensiva e il giorno successivo era stata ipotizzata la diagnosi di ”malaria”, successivamente confermata da un test immunocromatografico eseguito lo stesso giorno e validata dall’istituto di Microbiologia dell’Università di Palermo come ”malaria da plasmodium falciparum”. Nonostante la messa in atto di una terapia specifica, la donna era morta a distanza di una settimana.

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