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I medici sono accusati di omicidio colposo in relazione al decesso di un ottantenne morto per le complicanza insorte dopo un intervento di sostituzione chirurgica della valvola aortica

Dodici medici dell’Unità di cardiochirurgia di un ospedale privato del Ravennate dovranno comparire davanti al Gup, con l’ipotesi di reato di omicidio colposo, per il decesso di un ottantunenne morto quattro mesi dopo un intervento di sostituzione chirurgica della valvola aortica, eseguito nel settembre del 2015.

A seguito dell’operazione, durata circa otto ore, si sarebbe determinata una “contaminazione perioperatoria della ferita chirurgica” e – come riporta il Resto del Carlino – anche a seguito della sopravvenuta infezione, i camici bianchi non sarebbero intervenuti tempestivamente; inoltre, una volta intervenuti non avrebbero indicato le adeguate terapie antibiotiche.

Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero cagionato la morte dell’anziano “in cooperazione colposa tra loro e per colpa consistita in grave imprudenza, negligenza e imperizia”.

Più specificamente, avrebbero sottoposto l’uomo all’operazione nonostante l’età avanzata e la sussistenza di diversi fattori di rischio, per i quali “avrebbe dovuto essere escluso dalla chirurgia”.

Il paziente, infatti, avrebbe sofferto di tre patologie che, per la Procura, avrebbero richiesto ciascuna un intervento a se stante.

L’equipe medica, invece, avrebbe optato per una soluzione ritenuta invasiva, “con conseguente possibilità di incorrere in numerose complicanze compresa quella infettiva, come in effetti avvenne”. A detta del Pm, peraltro, scegliendo la strada dell’intervento si sarebbe dovuto decidere “per uno meno invasivo, facendo i bypass in vena safena”.

Infine – riferisce sempre il Resto del Carlino – non sarebbe stato fornito, da parte del gruppo medico della struttura sanitaria, “un adeguato consenso informativo al paziente e ai suoi parenti in ordine alla necessità di procedere o meno a quel determinato intervento e con quelle modalità”.

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